Aggiornamento del 28-11-2022 (prima stesura articolo del 2017)
Sempre più spesso mi vengono rivolte domande specifiche relativamente alla tecnica dell’insufflaggio di materiale isolante all’interno dell’intercapedine delle murature esterne dell’edificio, stiamo ovviamente parlando di efficientamento energetico edilizio.
Proprio settimana scorsa ho terminato uno studio di fattibilità che mi è stato commissionato da un mio cliente, colgo quindi l’occasione per condividere gli aspetti positivi e negativi di questo intervento, sperando di poter esaudire la vostra curiosità di approfondimento.
Parlando d’insufflaggio non possiamo che riferirci ad una particolare tipologia di edifici, nati tra gli anni '50 e '70, che sono caratterizzati da una parete esterna costituita da un muro con intercapedine, detto anche “muro a cassetta”.
L’intercapedine poteva essere vuota oppure, in minor casi, debolmente isolata con pannelli isolanti, con dimensioni complessive che variano da pochi centimetri a 10-12 cm.
Oggi quegli stessi edifici hanno disperatamente bisogno di un intervento; siccome, tra tutte le soluzioni attualmente disponibili, questa risulterebbe (forse) essere a tutti gli effetti la più economica, spesso viene proposta direttamente dalle ditte per migliorare le caratteristiche termiche delle pareti di questi edifici.
Cerchiamo i capire qualcosa in più ...
L’isolamento ad insufflaggio prevede di “iniettare”, all’interno dell’intercapedine vuota delle murature, il materiale isolante. Tale operazione viene fatta attraverso fori praticati sulla parete, distanziati di circa 1 metro, e distanziati di circa 30 cm dai solai.
Generalmente come materiali coibentanti (termicamente ma anche acusticamente) si vengono utilizzati:
- fibra di cellulosa
- perlite
- sughero granulare
- vermiculite granulare
- polistirene espanso in perle
- lana di roccia
- lana di vetro
Inutile nascondere l’evidente vantaggio (come già acennato), ossia il costo contenuto, con prezzi che partono indicativamente da un minimo di 25 euro/mq di parete a salire, in funzione del materiale che viene utilizzato come isolante.
In base alle situazioni ed alle complessità edilizie, questo sistema può essere eseguito sia dall’esterno che dall’interno dell’edificio; la posa dall’esterno risulta forse meno invasiva perché non richiede ai tecnici di dover entrare negli alloggi, ma comporta oneri aggiuntivi di impalcatura e carrelli elevatori. La posa dall’interno, sicuramente più invasiva, richiede significativi spazi di manovra e risulta più indicata se si stanno già eseguendo lavori di ristrutturazione dell’alloggio.
Sicuramente il contenuto costo dipende anche dalle tempistiche ridotte; il linea puramente generale, un appartamento di media dimensione può richiedere un intervento su tutte le pareti perimetrali in una sola giornata lavorativa.
Se vogliamo parlare di prestazioni della parete, prendendo in considerazione la tipica parete a cassetta, con una intercapedine di aria di 8 cm, ed uno spessore totale pari a 34 cm, il miglioramento termico della facciata potrebbe raggiungere anche il 60 %. Allettante ...
Fin qui, tuto ciò che vi ho raccontato sembrerebbe a favore di questo sistema di coibentazione, ma non abbiamo ancora parlato degli aspetti negativi, ossia i ponti termici ...
Cos’è un ponte termico?
Detto in parole molto semplici, un ponte termico rappresenta una discontinuità locale di materiale, dovuta ad esempio alla presenza di un pilastro in cemento armato; la presenza di una zona con differenti caratteristiche termiche (in questo caso specifico, troviamo del cemento armato caratterizzato da scarse proprietà di isolamento termico), permette al flusso di calore di poter fuoriuscire dall’abitazione, trovando ovviamente un “passaggio facilitato”. La zona in questione, dove “scappa il calore” sarà di conseguenza caratterizzata da una minore resistenza all’attraversamento del calore, quindi “permettendo” al “freddo esterno” di far breccia nella nostra casa, causando un’abbattimento localizzato della temperatura della parete interna.
Da un punto di vista energetico, in quel punto la casa avrà ugualmente una dispersione di calore (dopo aver speso soldi per coibentare le pareti) e seconda cosa ma non meno importante, abbiamo una riduzione del comfort interno dell’abitazione, causato dal raffreddamento di parte delle pareti, con conseguente aumento delle probabilità di formazione della muffa e della condensa …
Per completezza d’informazione, si ha condensa se la temperatura della parete scende, anche per poco tempo, fino al “punto di rugiada” (valore che dipende dalle condizioni climatiche interne), mentre la formazione di muffa dipende molto da quanto tempo la temperatura della parete rimane al di sotto di un certo valore limite, anche in questo caso in funzione delle condizioni interne).
In linea generale, la presenza o meno di queste condizioni negative va analizzata in fase di progettazione dell’isolamento termico edilizio, per questo motivo consiglio vivamente di affidarvi al vostro consulente energetico di fiducia. In fase di studio della soluzione, ritengo opportuno, in ogni caso, verificare con ispezioni e carotaggi, la continuità dell’intercapedine, per effettuare una migliore stima del risultato dell’intervento.
Non mancano le complessità dell’intervento, come elementi strutturali, tubazioni, canne fumarie, cavedi, tutti elementi che vanno considerati in fase di progettazione e che possono complicare o inficiare il risultato dell’operazione di isolamento.
A lavoro terminato, per verificare adeguatamente l’esito positivo dell’insufflaggio, l’unico modo è eseguire una termografia. Nella realtà dei fatti, per interventi di questo tipo, si sa già in partenza dell’esistenza di alcuni ponti termici strutturali, impossibili da correggere senza l’ausilio di ulteriori interventi, che ovviamente fanno lievitare sensibilmente i costi.
Occorre a mio avviso tenere anche conto di possibili effetti indesiderati, come ad esempio l’effetto del “costipamento” (dei materiali sfusi o fibrosi a bassa densità) che può determinare il progressivo ammassarsi del materiale nella zona bassa della parete con il conseguente peggioramento nel tempo dell’efficienza energetica della struttura. Tramite tecniche specifiche tale effetto può essere limitato, assicurandosi che il materiale riempia i vuoti nel modo più uniforme possibile.
Vale sempre la regola aurea di incaricare un professionista abilitato (e soprattutto i fiducia, che faccia gli interessi del committente) alla redazione di uno studio di fattibilità prima di incaricare un’azienda e di avviare il cantiere; questa scelta permette di valutare in anticipo i nodi critici del lavoro, valutare i possibili risultati energetici attendibili e di valutare la soluzione tecnicamente ed economicamente più conveniente (ovviamente per il committente).
Da tenere inoltre in considerazione il discorso relativo alla "contenuta" densità del materiale espanso ovvero la stabilità nel tempo; una volta eseguito il lavoro, valutate bene prima di effettuare eventuali buchi nelle pareti.
Lo scopo del mio articolo non è assolutamente quello di screditare il metodo dell'insufflaggio, che rimane una tecnica d’isolamento in grado di dare, in molte situazioni, buoni risultati, soprattutto quando ci troviamo di fronte a grossi limiti (non solo economici) nel procedere in maniera differente.
Non sempre l’intervento più economico risulta essere quello più conveniente, procedere senza una vera analisi porta a far spendere molto più denaro ottenendo pessimi risultati.
A prescindere dall'accesso o meno agli incentivi statali, l'intervento di efficientamento energetico richiede la redazione di una Legge 10 ossia una relazione tecnica che serve a verificare la qualità dell'intervento e il rispetto dei requisiti minimi energetici richiesti dalla legislazione vigente.
Sarà mia cura, nei prossimi articoli, approfondire altre tecniche. Se desidrate una consulenza professionale (anche a distanza), contattatemi pure tramite questo link.
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Ing. Marcenaro Luca
“…Il buonsenso è la capacità di vedere le cose come sono, e farle come dovrebbero essere fatte …” (Josh Billings, umorista, 1818-1885)